Francesco Grandi (1841 - 1934)

Francesco Grandi fu un abilissimo intarsiatore, che visse appieno il XIX sec., per metà patriota e per metà artista; ma in realtà, scavando bene tra le pieghe
della sua vita, Grandi fu un grande e indiscusso maestro capace di vivere l’insegnamento come un ideale di vita e di arte. Scrisse Roberto Pane, che fu direttore della Regia Scuola d’Arte di Sorrento tra il 1939 e il 1945, che l’abile e colto reduce garibaldino Francesco Grandi “nel 1877 venne qui a Sorrento e [...] alla sua iniziativa si dovette quanto di meglio fu prodotto sia nella Scuola che nella regione per il periodo di un trentennio”. La sua opera di maestro intarsiatore, vissuta quotidianamente con i suoi collaboratori e i suoi discepoli in poche, anguste aule site di fianco alla Basilica di Sant’Antonino, nei locali che furono dei Teatini, si dipanò per quasi un trentennio sino allo scoppio della prima guerra mondiale. Eppure, nessuno ha mai messo in luce la formazione e l’ideale artistico di Francesco Grandi, ricordato più per la sua partecipazione all’epopea garibaldina che per l’avventurosa vita che condusse prima di  giungere a Sorrento. Il piccolo Francesco Arienti (così si sarebbe dovuto chiamare se il padre, Tobia, non avesse sottratto i documenti dalle tasche di un compagno morto pur di sfuggire alla polizia austriaca), nato nel 1841, crebbe assieme a questa ingombrante ma al tempo stesso affascinante figura paterna, in quell’inquietudine generale che caratterizzò gli anni che precedettero l’unità d’Italia. Ben presto orfano di madre, il giovane si formò in un contesto patriottico e rivoluzionario, spostandosi continuamente assieme al padre che aveva già combattuto contro gli austriaci e con Garibaldi in Sudamerica. A Sarzana, in Liguria, dove padre e figlio erano giunti nel 1853, tra i tanti spostamenti dettati dalle contingenze politiche, il giovane iniziò a manifestare la sua vocazione artistica, lasciandone testimonianza nella sua autobiografia. “Nel frattempo” - scrisse Grandi nelle sue memorie - “mi misi a studiare e seguire lo studio del disegno, mia inclinazione, col pittore Bochi, e figura con Belletti, che fu collega di mio zio Carlo Arienti, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Torino”. 

Dal1854, giunto a Firenze, Francesco, per le buone propensioni artistiche già mostrate in Liguria, iniziò a seguire i corsi di disegno dell’Accademia di Belle Arti, per poi giungere a frequentare l’accademia di San Luca a Roma alla fine dello stesso anno. Quando nel 1855 Tobia Arienti, alias Luigi Grandi, si spostò a Genova, il destino del figlio cambiò radicalmente. Per vivere dignitosamente, il patriota aprì una fabbrica di mobili e fu in quel contesto che Francesco, tra l’altro iscritto all’Accademia di Belle Arti di Genova, poté iniziare a sperimentare la decorazione, l’intaglio e l’incisione del legno. Di mattina, come è probabile che sia avvenuto, il giovane seguiva i corsi di disegno con i professori Canzio e Rezasco, nonché con il celebre incisore Isola, mentre al pomeriggio, tornato nella fabbrica paterna, poteva sperimentare sul legno le tecniche apprese. Poi però, all’improvviso, tutto sembrò precipitare: mentre l’aria politica e militare “rumoreggiava di nuovo”, Luigi Grandi morì, lasciando solo il sedicenne Francesco. Fu un momento durissimo perché, se da un lato il destino di questo giovane pareva segnato, visto quel patriottismo trasmessogli dal padre, dall’altro già si manifestavano in lui una grande vocazione artistica. “Rimasto solo” - scrisse Francesco Grandi - “i professori dell’Accademia di Genova, Canzio e Isola, mi consigliavano di ritirarmi a Torino presso mio zio pittore Carlo Arienti, direttore dell’Accademia Albertina, per poter continuare sotto la sua guida”. Era questi un cugino del padre, “insigne pittore della Real Casa, professore di pittura all’Accademia di Torino e direttore dell’Accademia di Bologna”. Francesco, però, non volle
muoversi da Genova. Continuava a coltivare il paterno “ideale della patria”, pronto in qualsiasi momento, al pari del defunto padre, a imbracciare le armi per scacciare dal suolo italiano lo straniero. Perciò, mentre continuava a seguire i corsi all’Accademia, assunse la direzione come disegnatore
nella grande fabbrica di mobili di Domenico Bracco. Provò a seguire la spedizione di Pisacane nel Regno di Napoli ma, catturato prima della partenza a causa di una delazione, fu imprigionato per breve periodo, al termine del quale poté tornare in libertà e terminare gli studi in Accademia e presso lo
studio del pittore Canzio. Intanto, per mantenersi, continuò a lavorare alla fabbrica di mobili Bracco, affinando la sua arte applicata al legno, e di sera, frequentando i circoli patriottici, si avvicinava sempre più a quell’ideale che condusse alla celebre “spedizione dei mille”. Tralasciando le vicende vissute al fianco di Giuseppe Garibaldi, che da sole valgono la gloria eterna di Francesco Grandi, è interessante notare che ben presto, già nel gennaio del 1861, il giovane artista chiese di essere smobilitato. Ormai l’Italia era stata “fatta” e Grandi voleva rinchiudersi, come scrisse in seguito, nel suo ideale artistico. Solo nel 1877, dopo essersi spostato più volte tra Cagliari e Roma, giunse a Sorrento, dove conobbe la celebre tarsia sorrentina e avviò uno straordinario
periodo di sperimentazione artistica. Come notò Silvio Salvatore Gargiulo, ben presto visitatori e cultori d’arte “affollarono lo studio che don Francesco Grandi aveva stabilito nel palazzo Fattorusso (attuale corso Italia), Con annessa esposizione dei suoi lavori”. Amava l’arte ma soprattutto amava insegnare, tanto che nel 1885, quando ormai era chiaro che questo reduce garibaldino non fosse solo un valente intarsiatore ma anche un eccezionale maestro, il sindaco di Sorrento Antonino Cariello, gli amministratori della Società Operaia di Mutuo Soccorso e il Ministro dell’Agricoltura, del Commercio e dell’Industria Bernardino Grimaldi, lo pregarono di fondare la prima Regia Scuola d’Arte applicata alla Tarsia e all’Intaglio, assumendone la direzione e compilandone lo statuto. Nasceva così, in modo quasi fortuito, un’istituzione scolastica che sopravvive ancora oggi, il Liceo “Francesco Grandi”, intitolato a un artista che, pur non rinunciando all’amor di patria, seppe farsi maestro amato e venerato, guida attenta e sicura. I suoi insegnamenti, che ruotavano attorno al principio che un intarsiatore dovesse essere prima di tutto un grande disegnatore, capace di raggiungere i “più alti fastigi per la tecnica
impeccabile e per la genialità dell’esecuzione”. Oggi l’intarsio vive una crisi gravissima, che l’ha reso, in poco meno di un quarantennio, un’arte quasi dimenticata. Eppure, ricordando il celebre maestro Francesco Grandi, il cui nome riecheggia ancora oggi e campeggia all’ingresso Liceo Artistico
di Sorrento, possiamo sperare che l’arte della tarsia lignea superi questo momento buio, recuperando quel valore di insegnamento e di apprendistato artigiano che legava al maestro d’arte una vasta schiera di appassionati discepoli. 

Gennaro Galano

Bibliografia